Comiche ribellioni d’artista – Terre di mezzo street magazine marzo 2012
“Facciamo lo spettacolo, ma anche no. Lavoriamo, ma anche no. Facciamo showpero!”. Signore e signori, va in scena la protesta. Di tutti: operai, studenti, insegnanti e impiegati. Del pubblico e degli attori. “Anche gli artisti sono precari, e non per questione di opportunismo” spiegano dal palco Flavio Pirini e Pasqualino Conti, protagonisti con le loro gag di “Showpero! – una protesta inutile per fini personali”, la nuova produzione del Teatro della Cooperativa di Milano. “L’intenzione è quella, per una volta, di parlare della nostra incertezza quotidiana, fatta di cachet irrisori e contratti di una sera –spiega Pasqualino Conti-, ma non potevamo che farlo con una provocazione”. Lui, che dopo anni di gavetta è al suo primo vero debutto teatrale, si divide ancora tra un lavoro regolare, quello da infermiere, e pulsioni artistiche mai sopite: pittura, fotografia e comicità metafisica. Diverso, ma non troppo, il curriculum di Flavio Pirini, ora professionista affermato, partito però da un esordio precario, che da oltre un decennio veste i panni alterni di cantautore impegnato e di sarcastico affabulatore. “Entrambi abbiamo fatto parte di quel movimento underground del cabaret milanese nato alla fine degli anni Novanta, che girava e in parte gira tutt’ora, per circoli, centri sociali e locali off” ricorda Flavio. Non a caso i due si ritrovano, tre anni fa, alla Casa 139, storico locale milanese dove Pirini teneva i suoi corrosivi e malinconici spettacoli di teatro-canzone. Lì Conti comincia a irrompere in scena, da vero “disturbatore”, con le sue battute nonsense. Scoprono così, grazie all’incoraggiamento di Renato Sarti, che la coppia funziona e iniziano a scrivere, insieme al regista, il testo che ha debuttato a gennaio. In “Showpero” propongono una comicità amara e surreale che parla dei drammi (tanti) e delle fortune (poche) della gente comune. Pochi elementi sul palco, una sedia, una scala, una chitarra che sembra di cartone. L’originalità dello spettacolo sta tutta nella loro capacità di coinvolgere gli spettatori in questa singolare ribellione. Fino a quando, però, decideranno di salire su una simbolica gru. Un gesto forte, diventato di questi tempi un triste déjà vu, preludio di un finale a sorpresa. “Già, perché nel frattempo -dicono- ci siamo accorti che non basta solo l’attenzione dei media per ritrovare un lavoro che non c’è”.