L’equo compenso per i giornalisti freelance (e i nostri santi in paradiso)
C’è chi ci ha chiamato “i nuovi proletari”. Chi ci chiede “come mai per voi giornalisti è necessaria una legge per stabilire quanto dovete guardagnare?”
C’è chi ha definito la legge sull’equo compenso per l’attività giornalistica di freelance e precari approvata il 4 dicembre 2012 dalla VII Commissione Cultura della Camera “una vittoria contro il caporalato”. C’è chi la vede, invece, come “fumo negli occhi per non discutere dei problemi seri“. Chi un nodo da sciogliere.
In ogni caso “forse non tutti sanno che” la professione giornalistica svolta da freelance non è un’attività che come detta l’articolo 36 della nostra Costituzione dà “diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
Ecco perché le parole che ho raccolto da Emilia De Biasi (PD), una dei parlamentari che nella suddetta Commissione si è fortemente impegnata per la sua approvazione, mi sembrano molto importanti: “La legge sull’equo compenso per l’attività giornalistica sancisce un diritto di equità ma soprattutto sancisce che il reddito è l’elemento fondamentale per riconoscere il lavoro, la dignità e la professionalità di chi svolge questa professione”.
Emilia De Biasi ha poi confermato un iter legislativo burrascoso, (iniziato, ricordo, il 17 giugno 2010 e conclusosi appunto, con l’approvazione in VII Commissione Cultura della Camera il 4 dicembre 2012) fatto di discussioni altrettanto movimentate, di interventi di ministri, di rimandi tra Senato e Camera, (come ho documentato, parzialmente, in questa rassegna web).
Specchio di quel 61°esimo posto nella classifica sulla libertà d’informazione (dati Reporter sans frontieres), al di sotto di tutti i principali Stati europei, grazie ai conflitti d’interesse, alle minacce recapitate ad oggi ad oltre 300 giornalisti italiani (vedi i dati di Ossigeno per l’Informazione) e alla tagliola delle richieste di risarcimento danni usate a scopo a intimidatorio.
Invece, questa volta, “noi giornalisti freelance“, qualche “santo in paradiso” l’abbiamo avuto. “L’aver lottato per portare l’esame della legge in Commissione con procedura d’urgenza è stata davvero una vittoria– assicura De Biasi. E ne conveniamo con lei.
Già, perché anche per i non “addetti ai lavori” è intuibile, come, con ogni probabilità, la discussione si sarebbe arenata in aula parlamentare. Proprio alla luce di ciò che sta accadendo nel mondo editoriale e dell’informazione, tra il passaggio dalla carta al web e il ridimensionamento delle redazioni.
Ai colleghi scettici che hanno subito reclamato quale sarebbe l’entità dell’equo compenso, risponde sempre Emilia De Biasi: “Stabilire un compenso via legge non è certo possibile, come per ogni altra attività professionale, andrà deciso con le parti sociali e se ne occuperà la commissione istituita appunto dalla legge- ricorda- commissione che avrà anche il compito di vigilare sull’applicazione della norma e qualora non venga rispettata applicherà le sanzioni”.
Entro 30 giorni dal 4 dicembre, infatti, si insedierà la Commissione (formata da membri del Governo, del Sindacato, dell’Ordine, degli Editori). Entro due mesi questa Commissione stabilirà qual è l’equo compenso per i giornalisti non contrattualizzati, “in coerenza” con i trattamenti previsti dal contratto nazionale. Sulla base di questo creerà un elenco dei media che rispettano tali soglie di retribuzione dignitose. E’ vero anche, lo sappiamo, che le sanzioni sono limitate alla sottrazione dei finanziamenti pubblici, già in diminuzione, e di cui certo non usufruiscono tutte le testate.
Sta di fatto che, ad un anno di distanza dalla Carta di Firenze , la carta deontologica sulla precarietà nel lavoro giornalistico approvata dal Consiglio nazionale dell’Odg, l’8 novembre 2011, dopo le denunce di colleghe e colleghi da Errori di Stampa, Refusi , Coordinamento Giornalisti Precari Campania e tanti altri che hanno trovato il coraggio per rendere pubblici i soprusi e stimolare l‘FNSI ad una netta posizione, e tante campagne come “4 euro al pezzo”, “No free Jobs” “Quattro per cinque” , forse qualche speranza per poter continuare a svolgere questo lavoro con dignità, professionalità, senza subire ricatti di ogni sorta, ora c’è.
Ma, non dimentichiamocelo, sta a tutti noi vigilare e lottare affinché ciò sia davvero possibile.
(A proposito, quanti giornali e testate hanno riportato in prima pagina o in evidenza la notizia dell’approvazione della legge?)
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