Tra gli innovatori e i dreamers, da Fa’ la cosa giusta a Repubblica Next

“Ti riconosci come innovatore? Come ti senti? Quando si ha la percezione di aver creato qualcosa di importante, anche oltre le proprie aspettative?”

Fatti una domanda e datti una risposta.

Sono sopravvissuta e posso raccontarlo. Tra il 28 e il 30 marzo 2014 ci sono stati due eventi in cui ho potuto misurare l’importanza di aver dato vita ad un progetto partito dal web, ma  in cui le persone si riconoscono “realmente”.

Il progetto è Cittadini reattivi, nato un anno fa grazie alla vincita di un grant di fondazione ahref, creato in uno di quei momenti in cui fai bilanci e dici “o la va, o la spacca”, cercando di dare senso all’impegno di una vita, mio e di chi vedo, da tanti anni, battersi per un mondo migliore.

Ma la presentazione off line di Cittadini reattivi, a Fa’ la cosa giusta,  era davvero una  scommessa. Andare incontro alle persone carichi di parole e di una mappa, con un claim quasi ingenuo “terra, acqua e cielo puliti per tutti” poteva essere più che un azzardo.

Ed invece come abbiamo raccontato qui, la community si è trasformata in comunità e ci ha dato forza per proseguire tenacemente sulla strada percorsa finora.

Così come era una scommessa l’invito arrivato da Giampaolo Colletti e Riccardo Luna per partecipare alla serata milanese di Repubblica Next.  Fino a che non ho scoperto che a pagina 6 dopo Elena Cattaneo, tra gli innovatori c’ero pure io.

Una serata che mi ha visto, una volta tanto, dall’altra parte della barricata, (per chi come me per anni ha scritto di teatro, of course) al Piccolo Teatro,  e raccontare emozionata in 3 minuti, con le slides che non scorrevano e il video che non partiva, cos’è Cittadini reattivi, perchè ha senso raccogliere e raccontare le buone pratiche possibili e che questi “cittadini reattivi” esistono davvero.

Così, nel backstage,  ho scoperto di essere stata inserita nella categoria “dreamers” e di ritrovarmi tra sognatori, tenaci ed innovatori: dalle giovani makers (o artigiane 2.0), al mappatori sociali, ai ricercatori.  Insieme a chi, dal nulla, non solo si è inventato una professione, ma con la sua visione di cambiamento, si rende utile alla collettività.

Ritrovandomi “dreamer a mia insaputa”, alla fine riconoscendomi pure. Ma come ho raccontato in tante inchieste, (questa l’ultima in ordine di tempo) senza dimenticare di osservare e raccontare il peggio.

Solo, sono convinta che non basti la mera denuncia. E che oltre il disastro, il disagio, il corrotto, bisogni mostrare, ancora di più,  il bello, l’inclusione, l’onesto.

Convinta davvero che il futuro è di chi lo fa. E più si è meglio è.

(E qui le 8 slide #dapaura)

 

 

 

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